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Beato Manfredo Settala

Il Beato Manfredo Settala e gli eremiti di oggi

Il Beato Manfredo Settala e gli eremiti di oggi

Tra le feste religiose più sentire in Canton Ticino, soprattutto nel Mendrisiotto, ogni 27 gennaio a Riva San Vitale si svolge la sagra del Beato Manfredo Settala con la distribuzione dei pani in ricordo del miracolo dove trasformò sassi in pagnotte in un periodo di dura carestia. Le informazioni sulla vita del santo sono poche. Sappiamo che apparteneva ad un'importante famiglia milanese. Divenne prete prima e poi si ritirò a vita eremitica sul monte San Giorgio. La sua fama fece si che molti pellegrini accorrevano a lui. Morì in stato di grazia il 29 luglio 1217 e che le campane della regione iniziarono a suonare nel momento stesso del trapasso. Mi permetto di aggiungere una riflessione sul significato dell'eremita oggi come allora. Quando un/a uomo/donna si sentono chiamati a vita eremitica ci sono due possibilità o son mandati dai demoni con le illusioni e quindi destinati a fallire rischiando seriamente anche problemi psicologici visto che l'uomo è una bestia da compagnia oppure sono chiamati da Dio e quindi saranno sempre sorretti, nonostante le tribolazioni, dalla grazie di Dio. (Escludendo fatti gravi) Oggi come allora il Signore bussa alla porta di alcune persone proponendo alla loro anima questo percorso differente, per lo più in una società come la nostra visto ormai come inutile. Molto spesso i candidati, permettetemi il paragone un po' tirato, sono come gli apostoli. Gli eremiti hanno poche cose in comune tra di loro, avvolte con dei passati turbolenti. Come se quello fosse quasi una predilizione per rendere ancora più presente nella contraddizione la presenza di Dio. Spesso Gesù parlava per contrapposizione. Per assurdo rendere ovvia l'evidenza della sua presenza, nella negazione di predisposizione considerata dalla società. In altre parole se un religioso di provata morale diventasse eremita nessuno sarebbe sorpreso. Ma se qualcuno (laico) accettasse questa chiamata così radicale non solo il popolo di Dio sarebbe sorpreso ma si sentirebbe ognuno di dire la sua e dare consigli come se tutti lo avessero fatto. Ecco allora il richiamo dei Padri del Deserto a non parlare di cose che non si conoscono per esperienza propria. Accettare che il soggetto intraprenda questo cammino è anche accettare che se un giorno decidesse di tornare a vita civile come i Poustinik della tradizione russa, andrebbe bene lo stesso. Tornare nel mondo non è necessariamente un fallimento, è piuttosto un'attenta scelta basata sul discernimento del volere di Dio. La solitudine dagli uomini ma sempre nella presenza di Dio, cercando la sua unione ci porta a capire le cose in maniera più chiara. Passando attraverso determinate esperienze si capiscono meglio le cose e si ha quella compassione e sensibilità per aiutare le persone che si trovano nel momento della prova. L'eremita si ritira dal mondo ma prega per il mondo intero. Senza lasciarsi definire da esso diventa l'orecchio del dolore del mondo. Il suo tempo è dedicato alla preghiera d'intercessione attraverso la penitenza secondo le sue possibilità. L'eremita non è un animale da zoo. La sua preghiera non va mai interrotta! La visita all'eremita dev'essere di carattere strettamente spirituale per un problema veramente serio. Mentre la porta dell'eremo è molto spesso aperta, avvolte troppe, bisogna ricordarsi e rispettare al sua vocazione. Considerando anche la lontanza di questi eremi dal mondo è cosa buona e giusta portare qualcosa all'eremita di utile. Pasta, riso, tonno, alimenti a lunga scadenza saranno sempre ben accetti. Ricollegandosi a Matteo 25,35 "Avevo fame e mi avete sfamato"... Importante fare anche una differenza che ormai è andata quasi persa in occidente tra eremiti, anacoreti e poustinik.

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